Questi brani sono tratti, per gentile concessione dell'editore, dal volume n.6 della collana "I Quaderni Balleriniani", volume che può essere richiesto al Collegio Ballerini di Seregno. I brani qui riportati per brevità non hanno le note a piè di testo, che invece sono presenti nell'edizione originale.

Che il canto e la musica facciano parte del culto cristiano fin dall'origine è cosa risaputa. Basti solo pensare alla prima celebrazione eucaristica, la suprema cena pasquale di Gesù con i suoi apostoli. Gli evangelisti Matteo e Marco raccontano in proposito: "E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi".
Così pure apprendiamo, sempre dal Nuovo Testamento, che i primi missionari sapevano cantare, anche nel pericolo, la loro fede in Gesù Signore. Leggiamo infatti negli Atti degli Apostoli: "Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli". E' rimasta poi celebre la bella esortazione rivolta da S. Paolo ai cristiani di Efeso: "Intrattenetevi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore".
Del canto liturgico primitivo abbiamo anche testimonianze di provenienza laico-pagana, come quella di Plinio il giovane che, negli anni 111-112, inviando all'imperatore Traiano la sua risposta circa una inchiesta assegnatagli a riguardo delle attività segrete di questa nuova setta religiosa, scriveva che gli imputati (i cristiani della Bitinia) "erano soliti in un giorno stabilito radunarsi in uno stesso luogo prima del sorgere del sole per cantare a cori alterni un inno a Cristo come a un dio".
Ma l'uso repentinamente generalizzato del canto nelle celebrazioni liturgiche diede ben presto luogo ad abusi, che gli antichi Pastori non mancarono di rilevare e denunciare. Clemente di Alessandria ad esempio, attorno all'anno 195, dopo aver invitato i cristiani a rifuggire dalle musiche scomposte e chiassose perfino nei pranzi, così scriveva: "Tenete separato da tutto ciò la divina liturgia. E' il salmo la nostra lode armoniosa e sobria Si scelgano musiche dignitose, allontanando il più possibile le musiche di effetto svenevole, fatte per eccitare il nostro prepotente istinto. Esse, composte con intento malizioso, mediante melodie accattivanti trascinano alla mollezza e alla trivialità. Invece le melodie austere e dignitose impediscono le licenze dell'ebbrezza".
Cominciava così a delinearsi l'esigenza di una musica sacra, di una musica cioè che fosse qualitativamente valida ed esclusivamente composta per rivestire i testi, per lo più biblici, della preghiera liturgica.
Il concetto di musica sacra si precisa così fin dall'inizio: si esige una musica innanzitutto che sia veramente tale, cioè qualitativamente consistente; una musica, in secondo luogo, che sia "separata" (tale è il significato originario di "sacro") dall'uso umano, quotidiano, profano; e quindi tanto diversa nelle sue fattezze formali da rivelarsi sempre composta intenzionalmente e riservata esclusivamente per il culto. O, per dirla con parole attuali e autorevoli del papa Giovanni Paolo II: "La Chiesa ha insistito ed insiste, nei suoi documenti, sull'aggettivo sacro, applicandolo alla musica destinata alla Liturgia. Ciò vuol dire che essa, per la sua secolare esperienza, è convinta che tale qualificazione ha un suo importante valore. Nella musica destinata al culto sacro (vi sia un) connubio di dignità artistica e di superiorità spirituale".
"La musica destinata alla Liturgia deve essere sacra per caratteristiche particolari, che le permettano di essere parte integrante e necessaria della Liturgia stessa". "Tale musica autenticamente sacra possegga una predisposizione adeguata alla sua finalità sacramentale e liturgica, e sia, pertanto, aliena dai caratteri della musica destinata ad altri scopi".
A tutta prima sembra che a Seregno i dibattiti, le discussioni, le divergenze di opinioni circa la musica sacra fossero seguite - almeno dal clero - con una certa passione.
Non sono giunti fino a noi documenti antichi, ma quelli che possediamo, e che datano dalla metà circa del secolo XIX, sono eloquenti: Seregno ha sempre parteggiato per una musica liturgica vera, dignitosa, di qualità, appositamente composta per la liturgia. Ha quindi sempre sostenuto le ragioni di una vera musica sacra.
Sembra innanzitutto che il clero seregnese abbia sempre avuto particolarmente a cuore questo aspetto importante della liturgia chiamando ad operare nella propria chiesa musicisti di valore. E' il caso, ad esempio, del compositore Egidio Trabattone, sacerdote, nato probabilmente a Desio verso la fine del '500: dopo essere stato organista e maestro di cappella nel duomo di Varese, nel 1638 passò con analogo incarico nella chiesa di S. Vittore a Seregno. Il fatto di aver pubblicato, a Milano e a Venezia negli anni 1625-42, raccolte di Messe, Mottetti, Concerti, Salmi depone a favore della sua bravura compositiva e della sua fama nel panorama musicale del tempo.
Serietà d'intenti traspare anche in seguito non solo dall'uso di nominare l'organista per la chiesa prepositurale di S. Giuseppe esclusivamente mediante concorso pubblico indetto dalla Fabbriceria della parrocchia ("Si ritiene inalterabile la pratica fino ad ora usata di aprire regolare concorso" ), ma anche dal complesso dei requisiti e degli obblighi espressamente nominati nei contratti di assunzione. [...] Né veniva trascurato nella prepositurale di S. Giuseppe il tradizionale canto ambrosiano. Risale infatti alla lunga presenza in Seregno di Don Giuseppe Villa (coadiutore, vicario, prevosto: 1851 - 1908, il cui Chronicon ci attesta la scrupolosa ed assidua cura per celebrazioni liturgiche), un grande volume manoscritto dal titolo Index missarum et vesperarum quae de more canuntur in ecclesia praepositurali Serenii. Iuxta ordinem calendarii. Si tratta di una specie di repertorio contenente diversi schemi di messe e di vesperi totalmente composti da brani ambrosiani scritti in notazione quadrata su tetragramma. L'esecuzione di tali antichi brani monofonici (non sappiamo quanto corretta, poiché gli studi paleografici volti ad una rigorosa restituzione melodica e ritmica tanto del canto gregoriano che dell'ambrosiano erano allora agli inizi) doveva avvenire frequentemente, anzi "abitualmente", come attesta la precisazione de more richiamata nel titolo.
In questo fecondo humus di seria tradizione liturgico-musicale si inserì, provvidenzialmente per Seregno, la quasi trentennale presenza del Patriarca Ballerini. "Quando, al termine di un episcopato quanto mai drammatico, egli chiese ospitalità a Seregno, declinando inviti a posti di responsabilità nella curia romana, si iniziò per il modesto paese brianzolo un periodo di storia eccezionale. Infatti per quasi trent'anni, dal 3 luglio 1868 al 27 marzo 1897 quando il Ballerini morì, divenne sede del patriarca e la sua chiesa prepositurale di S. Giuseppe assurse in pratica alla dignità di una cattedrale dove il prelato celebrava abitualmente le solenni liturgie, con quale entusiastica partecipazione di popolo è facile immaginare". Certamente ci è lecito ritenere che l'influsso del Ballerini abbia impresso una notevole accelerazione agli sforzi per ben celebrare la liturgia in quella sua parrocchia di adozione. Non solo indirettamente, attraverso cioè la deferenza, l'impegno, il dovere di competenza che la dignità della sua persona richiedeva e suscitava tanto nel clero che nel popolo, ma anche direttamente, tramite cioè uno specifico insegnamento, non certo da sottovalutare se il suo nome non mancherà di essere annoverato dagli studiosi di storia della liturgia tra quegli appassionati teologi che, attraverso le pagine della rivista L'amico cattolico (diretta dallo stesso Ballerini) diedero impulso e vigore al movimento liturgico italiano dell'Ottocento.
Non possiamo ora non menzionare direttamente la Cappella Musicale S. Cecilia, che di tutta la musica sacra seregnese fu espressione concreta e vivente e dei lungimiranti intenti sia del clero che dei maestri suoi fu duttile strumento. Se ci chiedessimo il perché del titolo di Cappella, abitualmente usato nei documenti ottocenteschi per qualificare la compagine canora seregnese, non sapremmo che rispondere, a meno di affermare che probabilmente l'insieme di quegli elementi che per tradizione sono ritenuti costitutivi di una "cappella musicale" (e cioè: "l'antichità, la continuità d'attività e di tradizione, la connessione con una cattedrale o basilica o santuario, il patrimonio musicale proprio e altrui di insigne o notevole valore artistico e storico, l'arricchimento di tale patrimonio con le musiche nuove dei suoi maestri, l'organizzazione stabile imperniata sulla struttura «maestro - vicemaestro - viceorganista», il complesso vocale costituito da «bassi, tenori, contralti, soprani», la sezione delle voci acute affidate - per motivi storici, artistici, timbrici - a fanciulli organizzati in una schola in cui ricevono formazione culturale e musicale" ) si trovava quasi interamente realizzato nella corale seregnese di allora. [...]
Nel corso del XX secolo appare evidente la fioritura musicale di Seregno: Ettore Pozzoli (1873-1957), Giuseppe Biella (1906-1967), Giuseppe Mariani (1898-1982) sono nomi illustri che hanno valicato i confini natii. Né sono i soli: accanto a loro altri personaggi professionalmente assai preparati, come Emilio Braghieri, hanno ben operato e ben meritato nel campo sia della musica sacra che della formazione musicale della popolazione seregnese. E' dunque giunto il momento di parlare di questa luminosa pagina della storia di Seregno, tracciando un profilo di questi autori, tra cui spicca il M° Giuseppe Mariani per il grosso contributo dato alla musica sacra seregnese.

ETTORE POZZOLI

Il nome di Ettore Pozzoli - universalmente noto tra gli sudiosi di musica - ha sempre avuto una sua rinomanza e compare con una certa frequenza su pubblicazioni specializzate. Fin da giovane infatti tale artista seregnese ha avuto la capacità di farsi notare, nominare ed elogiare dalla stampa. Già nel 1895, poco più che ventenne (era nato a Seregno il 22 luglio 1873), si faceva notare dai critici - mentre ancora era allievo del Conservatorio di Milano - per le sue doti di brillante esecutore e di sapiente compositore.
Forte dei due diplomi brillantemente conseguiti (quello di pianoforte nel 1894 con Víncenzo Appiani; quello di composizione nel 1896 con Vincenzo Ferroni), Pozzoli intraprende sia la carriera di concertista sia quella di compositore. Pur ottenendo ottimi ed apprezzati riconoscimenti in entrambi i campi, le preferenze del Maestro si spostano lentamente verso la composizione. Un Quartetto per archi, un Trio con Pianoforte, alcune liriche per voce e pianoforte, una Tema e variazioni per pianoforte e orchestra lo fanno conoscere e apprezzare e dal pubblico e dalla critica. Purtroppo, l'attenzione dedicata a Pozzoli è di breve durata: la tendenza del maestro a scrivere in modo molto personale; la signorilità del suo proporre idee melodiche; l'elevatezza di pensiero che lo induce ad evitare i luoghi comuni del melodismo italiano dell'ottocento; la profonda conoscenza della armonia che gli permette di affiancare Brahms e Wagner, e - di più - di avvicinarsi a Debussy (i critici sono concordi nel riconoscere in lui una tendenza al gusto francese); la scelta stessa di forme e generi musicali allora non comuni: sono tutti elementi che lentamente gli alienano il favore del pubblico e l'attenzione della critica.
Per poter comporre con la speranza di aprirsi la strada nel mondo musicale italiano, Pozzoli pensò anche di dedicarsi all'opera lirica. Ma in questo ambito dovette subire due amare delusioni. Posti gli occhi su un libretto che egli sentiva a sé congeniale, pensò di musicarlo: si trattava del dramma Pelléas et Mélisande del poeta simbolista Maurice Maeterlinck. Questi tuttavia, interpellato circa l'autorizzazione a musicare il dramma, rispose comunicando che un contratto era già stato a tal fine da lui stipulato con il maestro francese Claude Debussy.
Un'altra delusione ebbe a subire Pozzoli quando, desiderando musicare una commedia del francese François Coppée (Le Passant), venne a sapere che tale lavoro teatrale stava per essere rappresentato a Pesaro, col titolo di Zanetto e musica di Pietro Mascagni. Questo avveniva nell'anno 1896. L'anno successivo, divenuto direttore del Conservatorio Giuseppe Gallignani - noto e fervente ceciliano e già Maestro di Cappella del Duomo di Milano - Pozzoli fu da lui invitato ad assumere la cattedra di Teoria, Solfeggio e Dettato musicale nella stessa scuola che lo aveva visto studente.
Il Conservatorio di Milano lo vedrà così fedele insegnante dal 1897 al 1938.
Nel 1902 il giovane maestro sposa Gina Gambini, contralto di belle speranze, che nel 1897 si era diplomata in canto presso il medesimo Conservatorio. Pozzoli ricorderà più tardi che proprio in quell'anno si colloca anche l'inizio della sua collaborazione alla rivista di don Lorenzo Perosi Melodie Sacre.
Pozzoli collabora con Perosi per circa un decennio, offrendo un repertorio fecondo e ricco di apprezzati brani in quel campo che, nella sua infanzia, aveva costituito il primo contatto con la musica e aveva destato in lui l'amore per il mondo dei suoni.
Colpito duramente dalla morte della piccola figlia di tre anni, Elsa, Pozzoli cerca di ridare un senso alla propria vita dedicandosi totalmente, attivamente e creativamente all'educazione dei giovani alla musica. Nascono così le sue celebri opere didattiche: i cinque volumi di Solfeggi parlati e cantati, il Sunto di Teoria Musicale, la Guida Teorico-Pratica per l'insegnamento del Dettato Musicale; nascono nel contempo varie opere con Studi per la tecnica pianistica: gli Studi per le scale, gli Studi per le note ribattute, gli Studi per il passaggio del pollice, il Piccolo Gradus ad Parnassum (studi preparatori alla importante opera di Clementi), gli Studi di media difficoltà, gli Studi a moto rapido, per citarne solo alcuni. Compone anche serie di brani per piccoli pianisti e svolge anche attività di revisore e compilatore di antologie (da Il mio primo Bach fino a Il mio primo Schumann).
Pozzoli non trascurò di comporre anche pezzi più impegnativi e parecchie liriche per canto e pianoforte. Altri strumenti godettero delle sue attenzioni compositive: l'armonium, la fisarmonica, l'arpa. A modo di curiosità ci piace anche citare un suo Valzer sentimentale, per armonica da bocca e pianoforte.
Carico di tanti anni di insegnamento, di meriti e di riconoscimenti (Croce di Cavaliere nell'Ordine della Corona d'Italia; nomina a Professore Emerito del R. Conservatorio Musicale G. Verdi di Milano), Pozzoli nel 1943 si ritira con la moglie a Seregno, dove gli verrà consegnata, il 16 dicembre 1953, una medaglia d'oro quale "Cittadino Illustre". "
Dopo aver donato ai suoi concittadini una Messa a tre voci dispari, in onore della Madonna di S. Valeria, un mottetto a quattro voci per coro misto, intitolato 0 Sanctissima, un Alleluia e una Cantata alla Madonna, il Maestro si spegne, nel suo paese natale, il 9 novembre 1957.
La consorte del Maestro volle, alla morte del marito, esaudire un suo antico desiderio: aiutare i giovani pianisti a proporsi all'attenzione della critica, degli intenditori e del più vasto pubblico. Nacque così il Concorso Pianistico Internazionale Ettore Pozzoli, che - aprendo la prima edizione nel 1959 (Primo premio assoluto: Maurizio Pollini) - si apprestava a diventare uno dei più prestigiosi del suo genere.

GIUSEPPE BIELLA

Altro musicista seregnese, la cui fama varcò i confini della città natale, è il sacerdote Giuseppe Biella.
Nato il l° dicembre 1906, dopo aver frequentato a Seregno le scuole elementari, ad undici anni entra nel Seminario ginnasiale di S. Pietro Martire. Qui inizia, tra l'altro, lo studio del pianoforte con il M° Gaetano Marziali di Seveso. Probabilmente si sarà trattato di uno studio inizialmente inteso (dai superiori del Seminario) come un hobby, da praticare a tempo perso, durante il tempo di ricreazione.
In Seminario, oltre che in famiglia, Giuseppe Biella imparò ad apprezzare la buona musica. Durante le vacanze, poi, l'appassionato seminarista prendeva lezioni sia di pianoforte che di organo dal M° Ettore Pozzoli. I suoi studi musicali proseguirono poi nel Seminario liceale di Monza sotto la guida del M° Luigi Baronchelli; ma l'incontro più formativo e determinante avvenne qualche anno dopo, durante i corsi teologici, e fu con il M° Giulio Bas, di cui lo studente seregnese conserverà sempre una grande venerazione.
Il 24 maggio 1929 Giuseppe Biella viene ordinato sacerdote e assegnato alla Parrocchia di S. Michele in Precotto. Qui trova anche il tempo per proseguire a Milano, presso il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, i suoi studi prediletti, affrontando i primi elementi di paleografia, gregoriano e ambrosiano con don Gregorio Maria Sunol.
Qualche anno dopo, siamo nel 1941, don Biella passa alla Parrocchia di S. Babila. Qui, "sulle basi del Centro culturale S. Babila viene gettato il primo seme della Polifonica Ambrosiana, una creatura amata e curata da un uomo che cominciava a vivere nell'esigenza del perfezionamento, nella continua raffinatezza d'animo". La data di nascita ufficiale della Polifonica Ambrosiana è il 1951, anno in cui don Biella veniva nominato canonico a S. Ambrogio e responsabile della chiesetta di S. Bernardino alle Monache, una piccola sussidiaria che gli lasciava abbastanza tempo da dedicare alla musica. Questi avvenimenti lo determinano ad abbandonare l'attività di compositore che per l'addietro egli aveva, sia pur saltuariamente, esercitata e a dedicarsi alla formazione e alla direzione del suo coro e della sua orchestra, come pure alla scoperta e allo studio della musica antica.
La fama di don Biella è legata ad un'altra serie di fatti. "Celebrandosi nel 1951 il quarto centenario della nascita di Franchino Gaffurio, maestro di cappella del Duomo di Milano dal 1484 al 1522, don Biella entra nell'Archivio storico del Duomo e pone mano ai grandi messali, agli enormi libroni corali coperti di grandi note, spartiti in quattro parti: cantus, altus, tenor e bassus, e comincia a trascrivere i brani più interessanti. Del Gaffurio si sapeva che era stato un teorico famoso, ma s'era perduta memoria del suo valore d'artista. E appunto queste virtù don Biella andò recuperando sino alla scoperta della famosa Messa di Carnevale". "L'altra scoperta di don Biella - e in questo caso bisogna proprio parlare di scoperta perché si trattava di un autore del tutto dimenticato - è il Grancini, del quale si era perduto anche il nome. Don Giuseppe si rese subito conto, alla prima lettura, di trovarsi di fronte ad una personalità artistica di primo piano".
Nel 1956, insegnante di direzione ed interpretazione corale presso il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, decise di richiamare in vita la prestigiosa rivista Musica Sacra, fondata da Amelli nel 1877 e travolta dalle vicende belliche sul finire del 1942. Mons. Biella aveva già rilevato nel 1946 - insieme con il fratello prof. Salvatore - diritti e materiale della Casa Editrice Musica Sacra. Assunta la direzione di Musica Sacra, Mons.Biella fece sì che la rivista recasse un contributo di prim'ordine alla musicologia sacra in Italia.
Le esecuzioni che Mons. Biella dirigeva con la sua Polifonica Ambrosiana facevano scuola ed erano veicolo di cultura.
Come riconoscimento per i suoi meriti culturali, il Comune di Milano gli conferì nel 1958 la medaglia d'oro di benemerenza cittadina.
A metà degli anni sessanta don Giuseppe conosce i giorni più faticosi e tormentati: le sue forze declinano. Il concerto dell'8 novembre, ad un mese esatto dalla morte, trova don Biella allo stremo.
Si spegnerà l'8 dicembre 1967, a Seregno, la città che lo aveva visto nascere sessantun anni prima.

GIUSEPPE MARIANI

Giuseppe Mariani nacque a Seregno il 21 Agosto 1898, in via al Municipio, nei pressi della chiesa parrocchiale, proprio nel cuore dell'antico borgo seregnese.
Al Conservatorio Giuseppe Mariani frequenta i corsi di flauto e pianoforte, ma a poco a poco, scopre quella che egli ritiene la sua vera strada: l'orchestra, la composizione ed il teatro.
In quei primi anni di studio il giovane seregnese ebbe come maestro il concittadino Ettore Pozzoli, di venticinque anni maggiore di lui, il quale insegnava nel Conservatorio di Milano già da un decennio: tra i due nacque una reciproca stima ed ammirazione, congiunte al rispetto ed alla considerazione dell'altrui pur diversa personalità artistica, destinate a perdurare lungamente.
Il decennio 1929-1939 fu un periodo molto fecondo nella vita compositiva del Maestro Mariani. Appartengono a questo periodo varie composizioni, quali la serenata per pianoforte Per la Brianza, una Pastorale, un Valzer per banda, un notevole preludio e fuga per coro a quattro voci dispari dal titolo Ave Rex Noster. Risale pure a questo periodo l'inizio della collaborazione del Maestro con l'editrice Carrara di Bergamo.
Tra il 1933 ed il 1934 il Maestro Mariani compone e rifinisce in più riprese la sua prima Messa: una poderosa composizione a quattro voci dispari dal titolo In nomine Domini, eseguita integralmente nel settembre 1933, in occasione del 40o di sacerdozio del Prevosto Mons. Ratti.
Nel dopoguerra il Maestro è impegnato nella parrocchia di Carate Brianza, in qualità di organista, istruttore e direttore del coro, e direttore della banda del paese. Le soddisfazioni e l'apprezzamento trovati a Carate lenivano un poco la fatica dell'impegno assunto: il Maestro stesso ricordava che, durante la guerra, egli doveva, in bicicletta a lume spento per via del coprifuoco, a volte con diversi centimetri di neve, uscire di casa prima delle cinque del mattino per essere in chiesa a Carate a suonare l'organo alla messa delle cinque e mezza. Alcune sue ex-allieve caratesi ricordano ancora la sua puntualità nel lavoro di istruttore del coro parrocchiale .
Verso la fine degli anni trenta il Maestro Mariani fu chiamato anche nel vicino Seminario di San Pietro Martire come insegnante ordinario di pianoforte e harmonium e come collaboratore straordinario per le accademie, i teatri e le operette che anche in Seminario venivano rappresentate. A quei tempi si riteneva giustamente che nella formazione dei
Per più di quarant'anni il Maestro Mariani si recò settimanalmente nel Seminario di S. Pietro Martire, a Seveso, insegnando pazientemente a generazioni di seminaristi i segreti del pianoforte. Talvolta interveniva egli stesso, nelle più solenni circostanze, per accompagnare il coro del seminario nelle esecuzioni più impegnative.
Da tale vivace ambiente egli fu anche stimolato alla composizione: nel 1945, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale, tenutosi a Monza nel settembre di quell'anno, egli compose per il coro polifonico del seminario il brano Cibavit eos, un denso mottetto costruito con tecnica raffinata e pensato proprio per il coro del seminario: l'alta tessitura tradisce la mancanza di veri bassi, dato che questi, in quel particolare coro, erano poco più che adolescenti.
L'alto livello musicale raggiunto in quell'epoca dal Seminario di S.Pietro a Seveso - sia per la quantità ed il numero delle composizioni eseguite, sia per la qualità delle esecuzioni - è dovuto alla presenza in tale seminario di due veri musicisti, oggetto di sincera stima e devozione da parte del Maestro Mariani: Mons. Ascanio Andreoni e Mons. Delfino Nava.
Nel frattempo, la presenza attiva del maestro concittadino veniva richiesta con sempre maggior insistenza anche a Seregno. Infatti, qualche mese dopo l'esecuzione di Carate, la Missa Cordis Jesu del Maestro Giuseppe Mariani veniva studiata ed eseguita anche dalla Cappella della Collegiata S. Giuseppe. Si era nell'anno 1950 e l'occasione propizia era offerta dalla imminente celebrazione della festa del Natale.
Il Maestro Mariani, pur essendo impegnato nella parrocchia di Carate, partecipava di tanto in tanto alle prove della Cappella S. Cecilia, per verificare progressi, dare consigli, offrire spunti interpretativi.
Ancora da porre in rilievo sono gli Otto canti per la Comunione su versi di Alessandro Manzoni, composti nel 1955. Pensando questi brani per un coro di educate voci bianche, il Maestro Mariani sembra qui ritrovare la spontanea cantabilità che veniva notata nelle sue prime opere: i bellissimi versi delle strofette manzoniane si sciolgono al canto di melodie dolci e delicate. Una armonizzazione sapiente, accurata e mai scontata toglie all'insieme qualsiasi sospetto di luogo comune.
Sullo scorcio degli anni '50, il Maestro compone ancora vari mottetti , la Messa Adeste Fideles; un suo mottetto mariano, Non dimittam Te, pubblicato da Carrara nel 1957, viene premiato in un concorso indetto dalla medesima casa editrice.
In questo periodo il Maestro Mariani è ormai saldamente radicato in Seregno: insegna alle scuole Mercalli, viene chiamato con lo stesso scopo al Collegio Santa Giovanna d'Arco, suona fedelissimamente alle celebrazioni liturgiche in Collegiata, diventa parte integrante della Cappella Santa Cecilia in qualità di compositore ed accompagnatore all'organo o al pianoforte.La sua figura diventa sempre più popolare a Seregno: per tutti egli è "ul Maester Mariani".
Verso la fine del 1957, la Cappella musicale della Cattedrale di Prato bandiva il primo concorso nazionale per la composizione di una Messa a tre o o quattro voci dispari con accompagnamento di organo o harmonium. Alla data dell'8 febbraio 1958, scadenza della consegna delle composizioni, erano giunte alla segreteria del concorso 23 Messe; anche il Maestro Mariani partecipò al concorso inviando due Messe: In Flore Mater e Cordis Jesu . La prima, più facile, offriva melodie gradevoli e composte, ben condotte ed amalgamate dal lato contrappuntistico, ben sostenute ed inquadrate dal lato armonico. La seconda, più difficile, era caratterizzata, oltre che da un contrappunto al tempo stesso vario e rigoroso, da passaggi armonici arditi e da modulazioni a toni lontani assai repentine.
La commissione esaminatrice del concorso si riunì nei giorni 1, 2, 3 e 4 aprile, dopo di che espresse il seguente verdetto: "Dopo lungo ed attento esame, la Commissione è venuta nella determinazione di premiare i lavori che più si distinguono per mano sicura e buona condotta e presentano segni indubbi di ottima ispirazione. Essi sono : 10 Cordis Jesu, 2 0 In flore Mater ex- aequo con Ave crux."
Oltre ad un premio in denaro, la Corale di Prato intendeva offrire in onore dell'autore della Messa vincitrice anche una esecuzione pubblica della stessa. Questa difatti avvenne l'8 dicembre 1958: nel salone comunale di Prato la Missa Cordis Jesu venne eseguita per coro ed orchestra, diretti dal Maestro Pietro Bresci. La partitura d'orchestra venne scritta dallo stesso Bresci: il Maestro Mariani gli aveva lasciato infatti questo compito - sono parole sue - " per deferenza". Tale lavoro di trascrizione orchestrale dovette essere per altro assai agevole, visto il modo tipico del Maestro seregnese di pensare l'accompagnamento d'organo.
Fu, la vittoria di Prato, una pagina lieta per il maestro sessantenne, da poco rimasto vedovo; un episodio incoraggiante che lo stimolò maggiormente a proseguire sulla via della composizione sacra.
Il Maestro Mariani ritorna a Seregno a svolgere la sua abituale attività: organo e coro presso la Collegiata S. Giuseppe, musica e canto corale all'Istituto magistrale S. Giovanna d'Arco, pianoforte e armonium nel Seminario di S. Pietro Martire, lezioni ad allievi privati. E composizione.
Gli anni sessanta vedono continuare la collaborazione del Maestro con l'Editrice Carrara. In questi anni il Maestro Mariani intuisce l'esigenza che il popolo ha di cantare nella celebrazione eucaristica, anticipando una istanza del Concilio Vaticano Secondo tra le più salutari, ma anche tra le più fraintese. Risalgono infatti a questo periodo la serie di Tre canti (Tre volte santo, Dopo la Consacrazione, Comunione); la Missa De Angelis per coro di popolo e coro a tre voci dispari, dedicata al Prevosto Mons. Citterio in occasione del suo XXX di sacerdozio; un Sanctus in italiano (sic) per coro a quattro voci dispari e popolo; un altro Santo per una voce popolare. La composizione polifonica non è tuttavia trascurata. Subito dopo la riforma della Messa (l'aspetto più rilevante di essa fu la possibilità di usare la lingua italiana), il Maestro Mariani aveva già pronta Serenia, Messa in italiano per coro popolare, datata 31 ottobre 1965 e dedicata al nuovo Prevosto di Seregno Mons. Luigi Gandini, e due Messe per i defunti.
Negli anni settanta l'attività compositiva del Maestro cala leggermente, mentre continua - imperterrita e vigorosa - quella didattica. In questo periodo il Maestro si dedica alla revisione di suoi precedenti lavori. Nel frattempo scrive per il popolo, visto come partecipante attivo alla celebrazione eucaristica.
Sorprendentemente, nell'ultimo anno completo di vita, la vivacità compositiva del Maestro ha un'improvvisa impennata: il 1981 vede apparire una serie di tre notevoli brani che, per l'identica convinzione di fede da essi espressa (la Risurrezione), vengono accomunati dal titolo Trittico pasquale. Resurrexi, Angelus Domini, Victimae Paschali possono considerarsi la Summa Musicae del Maestro ottantatreenne.
II Trittico pasquale può essere considerato la Summa Musicae perché contiene e riassume tutta la concezione compositiva del Maestro.
Il Maestro Giuseppe Mariani si spense il 24 novembre 1982. Un attacco cardiaco, sopravvenuto di notte, dopo una giornata di abituale lavoro (l'ultimo allievo di composizione uscì dal suo studio alle ore 20), fu fatale all'ottantaquattrenne Maestro.
L'ultima sua presenza all'organo della Basilica fu per la Messa in onore di Santa Cecilia, la sera del 22 novembre. Fu caso? Fu Provvidenza? Certo, per un musicista da chiesa non poteva pensarsi un commiato migliore di questo.

Seregno è ancora oggi terra di musica sacra, dove si colgono bensì frutti del passato, ma pure non ci si esime dal seminare nel presente. Nella seconda parte del XX secolo le parrocchie seregnesi si sono moltiplicate, ma con esse sono aumentati di numero anche cori e direttori, organi e organisti, commissioni liturgiche e animatori dell'assemblea, scuole di musica e concerti, liturgie inter-parrocchiali e rassegne corali. Ciò che auspichiamo è che Seregno ricordi sempre la bella storia della sua musica sacra, quella sicut erat in principio; la continui con impegno et nunc et semper; e la perpetui coraggiosamente - perché no? - in saecula saeculorum.